"Per molto tempo ho desiderato trasferire nella lingua di oggi le storie di Artù e dei suoi cavalieri..." John Steinbeck

Avvicinarsi a Steinbeck partendo da quest'opera non è stata probabilmente un'idea brillante. L'ho iniziata sulla scia del ricordo di film come 'La spada nella roccia' di Walt Disney, Excalibur di John Boorman e del mito di Artù, Merlino, Morgana, Lancillotto e Ginevra che da sempre ho amato, ma non è stato sufficiente a farmela apprezzare.
Il lavoro che c'è dietro è notevole, lo si apprende dalle lettere (riportate alla fine) che l'autore invia a partire dal 1956 al 1965 allo storico Chase Horton e alla sua agente Elizabeth Otis, dove descrive i suoi viaggi e i suoi studi per meglio comprendere l'originale di Thomas Mallory da cui l'opera è tratta, e tanto da farmi trovare migliore la parte epistolare che il racconto.
L' opera fu pubblicata postuma senza che l'autore la terminasse e revisionasse, e questo la rende poco scorrevole, poco curata e con i capitoli scollegati tra loro.
La parte migliore senza dubbio è quella relativa a Lancillotto del lago, dove emergono chiaramente la sua nobiltà d'animo e il suo amore per Ginevra e nasce così il dispiacere per il potenziale di un 'opera che, essendo largamente incompleta, non si è espresso.